Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e  difeso
ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui  uffici  e'
domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi n. 12, contro; 
    La  Regione  Veneto,  in  persona  del  Presidente  della  Giunta
regionale pro tempore, con sede in Palazzo Balbi -  Dorsoduro,  3901,
30123 Venezia - per la declaratoria di illegittimita'  costituzionale
degli articoli 1, commi 1 e 2, e 4 della legge  regionale  16  luglio
2019, n. 25 pubblicata nel B.U.R n. 80 del 23  luglio  2019  recante:
«Norme  per  introdurre  l'istituto  della   regolarizzazione   degli
adempimenti o rimozione degli effetti nell'ambito dei procedimenti di
accertamento di violazioni di  disposizioni  che  prevedono  sanzioni
amministrative», come da delibera del Consiglio dei ministri in  data
19 settembre 2019. 
    Nel B.U.R. Veneto n. 80 del 23 luglio 2019 e' stata pubblicata la
legge regionale 16 luglio 2019, n. 25 recante: «Norme per  introdurre
l'istituto della regolarizzazione degli adempimenti o rimozione degli
effetti nell'ambito dei procedimenti di accertamento di violazioni di
disposizioni che prevedono sanzioni amministrative». 
    All'art. 1 («finalita' ed oggetto») la  legge  regionale  dispone
che: 
        1.  Nei  procedimenti  di  accertamento  per  violazione   di
disposizioni normative, sanzionate in via amministrativa, in  materie
di  competenza  esclusiva   della   regione,   nessun   provvedimento
sanzionatorio puo' essere irrogato se prima  non  sia  consentita  la
regolarizzazione degli adempimenti o la rimozione degli effetti della
violazione da parte del soggetto interessato. 
    2. Ai fini di cui al comma 1 si provvede, secondo le modalita'  e
nei termini definiti dalla Giunta regionale con propri  provvedimenti
da assumere, sentita la competente commissione  consiliare,  entro  e
non oltre novanta giorni  dalla  entrata  in  vigore  della  presente
legge,  in  relazione  alla  tipologia  della   violazione   e   agli
adempimenti che la regolarizzazione  o  la  rimozione  degli  effetti
della violazione comportano; alla Giunta regionale compete  altresi',
e con le stesse modalita', individuare le fattispecie  per  le  quali
non e' possibile ricorrere alla regolarizzazione degli adempimenti  o
rimozione  degli  effetti,  attesa  la  non  sanabilita'   ad   opera
dell'autore o dell'obbligato in solido degli effetti della azione  od
omissione costituente la violazione sanzionata in via amministrativa. 
    3. In sede di accertamento delle violazioni individuate ai  sensi
del  comma  2,  e'  definito   il   termine   per   provvedere   alla
regolarizzazione degli adempimenti o alla rimozione degli effetti. 
    4.  La  regolarizzazione  degli  adempimenti  o  rimozione  degli
effetti non puo' essere reiterata per un comportamento che ne e' gia'
stato oggetto nei tre anni  precedenti  alla  data  dell'accertamento
della violazione. 
    5. Decorso inutilmente il termine  come  definito  ai  sensi  del
comma 2 e' adottato il provvedimento sanzionatorio. 
    6. I comuni, le province e la Citta'  metropolitana  di  Venezia,
nell'esercizio delle funzioni di vigilanza e  di  controllo  ad  essi
conferite dalla regione, si conformano alle disposizioni recate dalla
presente legge. 
    Il successivo art. 4 («Norma di abrogazione») dispone: 
        1. E' abrogato l'art. 2-bis della legge regionale 28  gennaio
1977, n. 10 come introdotto dal  comma  1  dell'art.  1  della  legge
regionale 11 marzo 2014, n. 10. 
    2. L'abrogazione dell'istituto della  diffida  amministrativa  di
cui all'art. 2-bis della legge regionale 28 gennaio 1977, n. 10, come
introdotto dal comma 1 dell'art. 1 della  legge  regionale  11  marzo
2014, n. 10 decorre nei suoi effetti, per le diverse materie  di  cui
alla presente legge, dalla  pubblicazione  nel  Bollettino  Ufficiale
della Regione del Veneto del rispettivo provvedimento di cui all'art.
1. 
    Cio'  premesso,  ritiene  il  Presidente  del  Consiglio  che  le
disposizioni sopra riportate si pongano in contrasto con gli articoli
3, 25 e 97 Costituzione. 
    Propone pertanto  questione  di  legittimita'  costituzionale  ai
sensi dell'art. 127, comma 1 Costituzione per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    Con l'art. 1, comma 1 sopra riportato, la  regione  introduce  il
principio secondo cui non puo' irrogarsi una sanzione  amministrativa
senza avere consentito al  trasgressore  «la  regolarizzazione  degli
adempimenti o la rimozione degli effetti della violazione»  entro  un
certo termine, il che -  in  sostanza  -  impedirebbe  la  successiva
applicazione della sanzione. 
    Tale istituto «premiale» viene cosi' giustificato nella relazione
(1) alla proposta di legge regionale: 
        «l'iniziativa legislativa oggi in esame, [che] vuol essere il
segno della tradizionale attenzione e  sensibilita'  del  legislatore
regionale del Veneto per il tema della semplificazione  normativa  ed
amministrativa, quale espressione della vicinanza alle  problematiche
quotidiane dei rapporti fra  cittadino  e  pubblica  amministrazione.
Sotto il profilo piu' propriamente tecnico-giuridico, si  ritiene  di
poter osservare come la proposta  in  esame  sia  ascrivibile  ad  un
indirizzo, trasversale, di politica legislativa secondo il  quale  la
funzione di  controllo  deve  evolvere  da  una  funzione  incentrata
sull'accertamento della mera conformita'  formale  alla  prescrizione
normativa, ad una funzione tesa ad assicurare l'effettivo adempimento
sostanziale  alle  disposizioni  poste  a  tutela   degli   interessi
pubblici; obbiettivo  ritenuto  conseguibile  delineando  l'esercizio
della funzione di controllo e la sua  disciplina  nella  prospettiva,
secondo una logica collaborativa fra ente titolare delle funzioni  di
accertamento  e   cittadino   trasgressore,   dell'effettiva   tutela
dell'interesse pubblico di volta  in  volta  perseguito.  In  estrema
sintesi il legislatore si propone per l'esercizio delle  funzioni  di
vigilanza e controllo a vario titolo di  competenza  del  legislatore
regionale, di dettare  una  disciplina  che  privilegi  un  approccio
collaborativo mediante meccanismi  di  promozione  dell'ottemperanza,
con  i  quali  conseguire  il  corretto  adempimento   favorendo   la
conformazione e ricorrendo, solo in  via  residuale,  alla  materiale
irrogazione della sanzione». 
    Tale essendo la portata della norma, il Presidente del  Consiglio
ritiene che la stessa si ponga in contrasto con gli articoli 3, 25  e
97 Costituzione oltre che con la  legge  n.  689/1981  che  detta  la
disciplina generale in tema di sanzioni amministrative. 
    Il contrasto con l'art. 3  deriva  dalla  irragionevolezza  della
norma, che nell'introdurre il sopra  descritto  istituto  «premiale»,
viene ad incidere sulla stessa capacita' dissuasiva della sanzione. 
    E' evidente infatti che il cittadino nel momento in cui  pone  in
essere l'illecito sara' consapevole del fatto che la sanzione  potra'
essere evitata semplicemente regolarizzando l'adempimento  (posto  in
essere in  modo  irregolare)  ovvero  rimuovendo  gli  effetti  della
violazione nel termine che gli verra' assegnato. 
    In tal modo pero' viene totalmente  meno  l'efficacia  deterrente
della sanzione. 
    In  sostanza  e'  come  se  si  introducesse  una  causa  di  non
punibilita' per l'autore di un furto che provvedesse alla  tempestiva
restituzione del bene  sottratto.  Oppure,  per  restare  nell'ambito
delle competenze regionali, se si consentisse di evitare la  sanzione
per la cattura di specie non cacciabili,  semplicemente  eliminandone
gli effetti (liberando cioe' gli animali illecitamente catturati). 
    Appare quindi evidente come  la  disposizione  introdotta,  lungi
dall'avere «una funzione tesa ad assicurare  l'effettivo  adempimento
sostanziale  alle  disposizioni  poste  a  tutela   degli   interessi
pubblici»,  viene  a  minare  alla  base  il  sistema   sanzionatorio
introducendo  una  irragionevole  esimente,   subordinata   al   mero
ripristino della situazione anteriore. 
    D'altro canto, di ben altro tenore era l'istituto  della  diffida
amministrativa disciplinato dalla previgente  disposizione  contenuta
nell'art. 2-bis della legge regionale n. 10/1977 - abrogata dall'art.
4 della legge regionale n. 25/2019 - che cosi' recitava: 
        «1. Fatta  salva  la  disciplina  prevista  in  normative  di
settore, ivi comprese  quelle  sulla  sicurezza  alimentare  e  sulla
tutela  e  sicurezza  del  lavoro,  al  fine   di   semplificare   il
procedimento sanzionatorio e di instaurare un piu' proficuo  rapporto
di collaborazione  fra  amministrazione,  cittadini  ed  imprese,  e'
introdotto, nei settori di cui al comma 2, l'istituto  della  diffida
amministrativa,   in   luogo   dell'immediato   accertamento    della
violazione,  qualora  questa  sia  materialmente  sanabile  entro  il
termine fissato dal comma 3. 
    2.  La  diffida  amministrativa  e'  applicabile  nell'ambito  di
procedimenti sanzionatori disciplinati  nei  settori  riguardanti  il
commercio, la somministrazione di alimenti e bevande, l'esercizio  di
attivita' di artigianato a contatto con il pubblico,  il  divieto  di
fumo,  nonche'   nelle   fattispecie   sanzionatorie   previste   dai
regolamenti comunali. 
    3. La  diffida  amministrativa  consiste  in  un  invito  rivolto
dall'accertatore al  trasgressore  e  all'eventuale  responsabile  in
solido, a sanare la violazione. L'invito e'  contenuto  nel  processo
verbale di accertamento redatto al termine degli atti di cui all'art.
13 della legge  24  novembre  1981,  n.  689  «Modifiche  al  sistema
penale», notificato agli interessati ai sensi del successivo art.  14
e nel quale deve essere indicato il termine, non superiore  ai  dieci
giorni, entro cui uniformarsi alle prescrizioni. 
    4. La diffida amministrativa non e' rinnovabile, ne' prorogabile.
Essa non opera in caso  di  attivita'  svolta  senza  autorizzazione,
licenza, concessione, permesso  o  nulla  osta  comunque  denominato.
L'autore della violazione non puo' essere diffidato nuovamente per un
comportamento gia' oggetto di diffida nei cinque anni precedenti. 
    5. Gli  enti  competenti  individuano,  nell'ambito  dei  settori
indicati al comma 2, in  quali  procedimenti  introdurre  la  diffida
amministrativa.   La   Giunta   regionale   monitora   l'applicazione
dell'istituto della diffida amministrativa e puo' dettare  specifiche
linee guida in materia». 
    Come si vede si trattava di una articolata disposizione,  con  un
preciso ambito di applicazione e che soprattutto  si  inseriva  nella
fase  antecedente  l'accertamento  dell'illecito  («l'istituto  della
diffida amministrativa, in luogo  dell'immediato  accertamento  della
violazione,  qualora  questa  sia  materialmente  sanabile  entro  il
termine fissato dal comma 3»). 
    Ne consegue la illegittimita' costituzionale  anche  dell'art.  4
che - insieme all'art. 1 - ha sostituito il precedente istituto della
diffida con la nuova (e piu' ampia) previsione. 
    Inoltre il comma 2 del  citato  art.  1,  dispone  che  il  nuovo
istituto, previsto per tutti  i  «procedimenti  di  accertamento  per
violazione   di   disposizioni   normative,   sanzionate    in    via
amministrativa, in materie di competenza  esclusiva  della  regione»,
non si applichi in talune fattispecie, la  cui  individuazione  viene
rimessa ad un organo amministrativo (Giunta regionale). 
    Alla Giunta regionale viene infatti demandato «ai fini di cui  al
comma 1», 
        a) di stabilirne «modalita'» e i «termini» (cosi'  l'art.  1,
comma 2); 
        b) di  individuare  «le  fattispecie  per  le  quali  non  e'
possibile  ricorrere  alla  regolarizzazione  degli   adempimenti   o
rimozione  degli  effetti,  attesa  la  non  sanabilita'   ad   opera
dell'autore o dell'obbligato in solido degli effetti della azione  od
omissione   costituente   la    violazione    sanzionata    in    via
amministrativa». 
    Sembra di capire che dovrebbero essere esclusi dalla «esimente» i
casi in cui non si possano regolarizzare gli adempimenti  ovvero  non
si possano rimuovere gli effetti dell'illecito. 
    Seppure con tali eccezioni, la portata della norma introdotta dal
comma 1 appare tuttavia di assoluto rilievo per il suo  ampio  ambito
di applicazione. 
    Di certo l'avere attribuito ad una  fonte  inferiore  alla  legge
(provvedimento  della  Giunta  regionale,   sentita   la   competente
commissione  consiliare),  sia  «le  modalita'  e   i   termini»   di
applicazione della «esimente», sia la individuazione dei casi in  cui
essa non debba  operare,  costituisce  violazione  del  principio  di
legalita' ex art. 25  Costituzione  come  costantemente  interpretato
dalla Corte. 
    Si richiama al riguardo la recente sentenza 134/2019, nella quale
la Corte ha precisato quanto segue: 
        «[le]   leggi   regionali   che   prevedano   mere   sanzioni
amministrative, [le quali] ben possono rinviare -  nel  rispetto  dei
meno  stringenti  principi  desumibili  dall'art.   23   Costituzione
(sentenza n. 115 del 2011) - anche ad  atti  sublegislativi  ai  fini
dell'integrazione del precetto  (amministrativamente)  sanzionato  in
forza della stessa legge regionale. 
    3.2.  - Cio'  che,  invece,  anche   le   leggi   regionali   che
stabiliscono sanzioni  amministrative  debbono  garantire  ai  propri
destinatari e' la conoscibilita' del  precetto  e  la  prevedibilita'
delle  conseguenze  sanzionatorie:  requisiti   questi   ultimi   che
condizionano la legittimita' costituzionale di tali leggi  regionali,
al cospetto del  diverso  principio  di  determinatezza  delle  norme
sanzionatorie  aventi   carattere   punitivo-afflittivo,   desumibile
dall'art. 25, secondo comma, Costituzione. 
    Come questa Corte ha recentemente ribadito, tale  principio  "per
un verso, vuole evitare che, in  contrasto  con  il  principio  della
divisione  dei  poteri,  l'autorita'  amministrativa  o  "il  giudice
assumano un ruolo creativo, individuando, in luogo del legislatore, i
confini tra il lecito e l'illecito" (sentenza n. 327  del  2008;  sul
punto anche ordinanza n. 24  del  2017);  per  un  altro  verso,  non
diversamente dal principio d'irretroattivita', intende "garantire  la
libera autodeterminazione individuale,  permettendo  al  destinatario
della  norma  penale  di   apprezzare   a   priori   le   conseguenze
giuridico-penali della propria condotta" (ancora sentenza n. 327  del
2008)" (sentenza n. 121 del 2018). La sentenza da ultimo  citata  ha,
in  particolare,   rilevato   che   "il   principio   di   legalita',
prevedibilita' e accessibilita' della condotta sanzionabile  e  della
sanzione aventi carattere punitivo-afflittivo, qualunque sia il nomen
ad  essa  attribuito  dall'ordinamento  ...  non  puo',  ormai,   non
considerarsi  patrimonio   derivato   non   soltanto   dai   principi
costituzionali, ma  anche  da  quelli  del  diritto  convenzionale  e
sovranazionale europeo, in base ai quali  e'  illegittimo  sanzionare
comportamenti posti in essere da soggetti che non siano  stati  messi
in condizione di "conoscere", in tutte le sue  dimensioni  tipizzate,
la illiceita' della  condotta  omissiva  o  commissiva  concretamente
realizzata» (sentenza n. 121 del 2018). 
    Alla luce di tali principi appare  evidente  come,  nel  caso  di
esame, non poteva il legislatore regionale concedere alla Giunta  una
cosi'  ampia  discrezionalita'  nel  disciplinare   il   procedimento
irrogativo    delle    sanzioni    amministrative    e    addirittura
nell'individuare i casi in cui puo'  essere  esclusa  -  mediante  il
meccanismo della diffida al ripristino - la irrogazione stessa  della
sanzione. 
    Non a caso anche di recente  la  Corte  di  Cassazione  (Cass.  7
maggio 2018 n. 10893) ha richiamato al riguardo il suo precedente: 
    «[...] Cassazione n. 1696/2005 che, sempre  facendo  applicazione
del menzionato legge n. 689 del 1981, art. 1 inteso quale  espressivo
di "principio generale dell'ordinamento" vincolante  per  l'esercizio
della potesta' legislativa regionale ai sensi dell'art. 117 Cost., ha
affermato che le regioni possono delineare fattispecie  sanzionatorie
e fissare le relative pene amministrative solo con  legge  formale  e
che lo spazio lasciato ai regolamenti deve essere circoscritto  entro
i limiti derivanti dalla riserva assoluta di legge, nel senso che  le
disposizioni regolamentari  dovranno  limitarsi  ad  enunciazioni  di
carattere  tecnico,  o  comunque   tali   da   non   incidere   sulla
individuazione  del  disvalore  del  fatto   e   tanto   meno   sulla
determinazione della sanzione. Violano,  pertanto,  il  principio  di
legalita'  le  disposizioni   regionali   che   demandino   a   norme
regolamentari il compito di definire  gli  ambiti  della  fattispecie
sanzionata,  ovvero  di  specificare,   rispetto   a   categorie   di
fattispecie illecite, la misura della sanzione da irrogare. 
    Cio' che avrebbe potuto  essere  legittimamente  attribuito  alla
competenza della Giunta regionale, era dunque soltanto una disciplina
di  dettaglio  o  meramente  esecutiva  della   disciplina   primaria
contenuta nella legge regionale. 
    Ma, come si e' visto, ben altro e' il potere che viene attribuito
alla Giunta regionale, essendosi limitato il legislatore regionale  a
stabilire in  via  generale  un  principio  (sostanzialmente  la  non
punibilita' in caso di commissione di  illeciti  amministrativi)  per
tutti i "procedimenti di accertamento per violazione di  disposizioni
normative, sanzionate in via amministrativa, in materie di competenza
esclusiva della regione".» 
    La normativa suesposta vieni a collidere, da  ultimo,  anche  con
l'art. 97, comma 2 Costituzione («I pubblici uffici sono  organizzati
secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati  il  buon
andamento   e   la   imparzialita'   dell'amministrazione»)   essendo
innegabile il contrasto delle nuove disposizioni con  i  principi  di
buon andamento dell'amministrazione, stante il rilievo che assume  la
repressione degli illeciti amministrativi nell'ambito  dell'attivita'
amministrativa ed i riflessi sulla sua efficacia che possono derivare
da meccanismi, come quello in esame, che eliminano o riducono in modo
rilevante   l'efficacia    deterrente    delle    norme    istitutive
dell'illecito. 
    Da  cio'  la  illegittimita'  costituzionale  delle  disposizioni
regionali impugnate. 

(1) Consultabile sul sito internet della Regione Veneto all'indirizzo
    https://bur.regione.veneto.it/BurvServices/Pubblica/DettaglioLegg
    e.aspx?id=399128